lunedì 23 giugno 2008

Gradass.Us: intervistato in inglese, forse ora ho capito cosa ci sto a fare qui



Veder le cose dal di fuori aiuta. Noi tentiamo di farlo, raccontando la nostra avventura in California.
Poi capita che un imprenditore e amico (grazie Franco!) ti chieda un'intervista in inglese per il sito della Business Association Italy America, con tanto di foto e logo Italiani di Frontiera.
E che dalle risposte finalmente cominci io stesso a capire che ci sto a fare qui.
Qui il link al post su Italiani di Frontiera che rimanda all'intervista.
Di seguito la traduzione in italiano.

Ecco il testo dell'intervista.

- Un paio di mesi fa ho ricevuto una email da Roberto Bonzio che mi chiedeva un'intervista. Roberto mi diceva che era qui a Silicon Valley per alcuni mesi per un progetto sugli italiani.
Dopo poche email abbiamo fissato un appuntamento e pochi giorni dopo ci siamo incontrati nel mio ufficio. Abbiamo parlato per due ore delle mie esperienze negli Usa e della mia azienda, Novedge. Un paio di giorni dopo Roberto ha pubblicato l'intervista sul suo blog, Italiani di Frontiera. L'ho letta e sono rimasto stupito nello scoprire quanto Roberto fosse stato capace di cogliere dalla nostra chiacchierata. Malgrado avesse preso pochi appunti, aveva capito tutti i particolari del nostro sistema online e delle nostre strategie, cosi' come i punti di forza e di debolezza della nostra azienda.
Impressionato dalle capacita' professionali di Roberto, sono diventato un avido lettore del suo blog, scoprendo una miniera di articoli, storie e persone interessanti. Pur non essendo io stesso un giornalista, ho voluto restituire il favore a Roberto invitandolo cosi' ad essere intervistato sul blog di Baia. Ecco le mie domande e le sue risposte.
- Roberto ci puoi dire qualcosa di te e della tua professione?

Sono nato a Mestre Venezia, ho iniziato a lavorare cone cronista al quotidiano di Venezia Il Gazzettino, come mio nonno Roberto, mio padre Giovanni "Gibo" e oggi mio fratello Giampaolo. Nel 1986 sono andato al Giorno, quotidiano nazionale di Milano, passando a Reuters nel 2001. Essere intraprendente ed anticonformista spesso non e' d'aiuto, lavorando in Italia, anche nei media. Ho avuto piu' occasioni con reportage in giro per il mondo per delle riviste. Poi ho trovato in Reuters una fantastica occasione per del buon giornalismo ed una prospettiva internazionale. E nel web l'ambiente ideale per la mia disordinata curosita'. Che va dai film (mi sono laureato all'Universita' di Venezia in Storia del Cinema con una tesi su Harpo Marx), alla musica (suono un sacco di strumenti, non potete credere quanti e quanto male), rugby. E nuovi media.
- Cos'e' il progetto Italiani di Frontiera e come ti e' venuta quest'idea?

Meno di un anno fa, stavo solo tentando di immaginarmi come poter "sopravvivere" come giornalista freelance in aspettativa negli Usa, con mia moglie Pola insegnante di Scienze ed i figli (Alessandro 18, Francesca 16, ora felici studenti alla Gunn High School). Sapevo poco degli italiani della Baia. Tre email hanno cambiato il mio modo di vedere (e speriamo la mia vita): da Matteo Daste (Baia), Jeff Capaccio (Sviec) e Paolo Marenco (Silicon Valley Italian Study Tour). Ho capito dalle loro impegnate risposte che c'era una grossa storia che aspettava di essere racontata. E che questo era il momento giusto (non solo per il Super-Euro), in un fiorire di iniziative (Baia, Sviec, Mind the Bridge) ed anche il coinvolgimento dell'ambasciata Usa. In Italiani di Frontiera sto intervistando imprenditori, ricercatori, ingegneri. Alcuni giovani arrivati da poco, alcuni veterani che hanno fatto cose straordinarie, come Federico Faggin, Roberto Crea ed Enzo Torresi. Sono una miniera d'oro di ricordi, iniziative, sfide. Ancor piu' preziosi sono i loro pensieri e commenti critici sull'Italia, i suoi pregi ed i suoi difetti. Ora un blog, poi un sito web interattivo con video, Italiani di Frontiera diventera' un libro in Italia, sponsor il Centro Formazione Management del Terziario, per l'editore Francoangeli. E in testa ho molto altro ancora...
- Dopo aver trascorso un po' di tempo a Silicon Valley, come' cambiata la tua opinione sull'America e il modo di vivere americano?

Ero venuto la prima volta negli Usa 30 anni fa da giovane autostoppista. All'epoca questo era un altro mondo rispetto all'Italia. Furono le automobili enormi ed i comportamenti stereotipati a colpirmi maggiormente. Oggi le auto sono piu' piccole, sono ancora colpito da standardizzazione e prevedibilita' nella vita quotidiana. A volte mi sembrano divertenti, altre noiose. Ma capisco che queste regole rigide sono una base fondamentale per un Paese nulticulturale e multietnico. Nel frattempo, l'Italia e gli italiani sono diventati piu' standardizzati e stereotipati, dopo anni di piatto consumismo ed edonismo idiota, alimentato da una sovraesposizione di modelli televisivi. Ma a loro mancano quella base di regole e di senso civico, molto forti qui. Abbiamo ancora un senso della qualita' della vita, in termini di amicizia, cibo, bellezza. Mente a volte ho la sensazione che una parte dello stile di vita americano, nella sua rincorsa al successo, abbia ancora l'obbiettivo di fare soldi per esibire soldi e simboli dei soldi. E dopo... cos'altro?

- Dopo aver intervistato cosi' tanti "italiani" hai trovato qualche sorta di retroterra comune o archetipi condivisi?

Si', sicuramente. E piu' forte di quel che mi aspettassi. Forse per secoli ci siamo dovuti arrangiare e sopravvivere come individui di fronte a imprevisti. E le nostre radici classiche, molto piu' profonde di quanto ci rendiamo conto e ci ricordiamo, sono la base migliore per l'apertura mentale. Italiani laureati in antiquate Universita' italiane qui agiscono in modo fantastico. Molti di loro mi hanno detto che sentono di avere una speciale capacita' di risolvere i problemi al di fuori degli standard meglio degli altri. Qualcuno pensa addirittura che si possa riconoscere un software "fatto da italiani" per un tocco particolare di creativita' ed estetica...

- Una volta tornato in Italia, pensi che riuscirai a comunicare o condividere la tua esprienza?

Se non ci riusciro' la colpa sara' soltanto mia. Perch'e penso che i contenuti ed i pensieri espressi dagli Italiani di Frontiera abbiano un valore eccezionale, per quello che dal mio punto di vista e' oggi l'Italia. Cosi' tanti obbiettivi straordinari raggiunti grazie a italiani da ricordare, mente il Paese e' drammaticamente smemorato. E cosi' tanti esempi da studiare e seguire, nel lavorare sodo, in creativita', coraggio, sfida nella competizione globale, da parte di imprenditori e aziende. Per lo piu' ignorati, in un Paese rincretinito da polemiche locali e pettegolezzi idioti. Una nazione di emigranti, che ora pretende di isolarsi e di proteggersi, invece di sfruttare piu' ampiamente i propri talenti. Apriamo porte e finestre all'aria fresca, in Italia! Piu' web, piu' dimestichezza con l'inglese. Piu' modelli positivi per i giovani. Maggiori opportunita' per le idee ispirate. E piu' sguardi sull'estero, anche sugli Italiani della Baia!

- La comunita' italiana in California e' molto frammentata. Soltanto adesso gli Italiani cominciano ad esser consapevoli di far parte di una comunita', traendo vantaggio da questo. Cosa possono fare associazioni come Baia ed altre istituzioni come il Consolato italiano in questa direzione?

Possono agire con maggior forza, per costituire qui una comunita' potente. Ma penso davvero che in questo, incontri ed attivita' di collegamento debbano essere sostenuti da un forte sforzo culurale. Questo significa innanzitutto sapere quello che gli altri italiani stanno facendo qui. Poi essere consapevoli di quanto possa essere forte il loro contributo ed esempio non solo reciprocamente ma per il loro Paese. Le opportunita' per fare affari non sono abbastanza, abbiamo bisogno di un'attenta riflessione. Sulle doti che hanno consentito ad italiani di agire qui in modo fantastico: apertura mentale, improvvisazione, gusto estetico ecc. E di una riflessione critica su cosa sia d'ostacolo in Italia nel modo di fare impresa. E' uno sforzo culturale perche' dal mio lavoro emerge che cattive abitudini e tradizioni distorte (ad esempio l'estendere la famiglia alla gestione aziendale) rappresentano per l'Italia delle catene piu' gravose di un'infrastruttura antiquata e della mancanza di finanziamenti.

- Tornerai in California con un nuovo progetto?

A dire il vero sono pronto a restare... Scherzo (ma non troppo). Alla fine di luglio devo tornare a Reuters a Milano e finire il mio lavoro sul progetto. Per me e la mia famiglia sarebbe un sogno tornare per restare. Ci sono un sacco di argomenti e collegamenti sui quali lavorare, tra lItalia e la Baia. Potrei avere altri dieci progetti "start up" in testa, come una web radio, che richiedono temo un venture capitalist... perche' quest'avventura e' stata sinora autofinanziata a fatica. Un buon investimento per me, mia moglie e soprattutto per i miei figli teenager, nella loro esperienza internazionale di apertura mentale alla Gunn High School (mentre Ale, bomber del calcio, ha segnato 18 gol in 7 partite con gli Stanford Earthquakes...). Un nuovo progetto e' gia' parte di Italiani d Frontiera. Ho chiamato Italindiani alcune straordinari italiani nel West, scoperti dal mio amico Cesare Marino, antropologo alla Smithsonian Institution ed uno dei piu' eminenti esperti di nativi americani. Quasi sconosciuti sia qui che in Italia, meritano un libro a parte, poiche' hanno dato prova nei secoli scorsi dello stesso coraggioso spirito di Italiani di Frontiera, di cui tutti noi abbiamo bisogno per sfidare la Frontiera Gobale del Ventunesimo Secolo.
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Voglio ringraziare Roberto Bonzio per aver trovato il tempo per fare quest'intervista e per il lavoro incredibile che ha ha fatto in un periodo cosi' breve esplorando la comunita' italiana locale in cosi' poco tempo e mettendo in luce una lista inaspettatamente lunga di imprenditori, ricercatori e personaggi influenti.
Franco Folini

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Commenti

- Congratulazioni Roberto! La vibrante passione che metti nel tuo lavoro e molto palpabile, come e' ovvio il tuo talento nel trovare storie che "avevano bisogno di essere raccontate".
Ma soprattutto sono rimasto impressionato da una dichiarazione molto personale, che non e' facile sentire da italiani, io almeno non l'ho mai sentita: "Se non ci riesco, la colpa sara' soltanto mia"...
Non ho mai pensato di farmi un tatuaggio, ma se mai un giorno lo faro', questa frase sarebbe una buona candidata a comparire... Grazie.
Giorgio Ghersi (fondatore ed ex direttore di Baia ndr).

- E' stato un piacere incontrare Roberto alla Apple per un'intervista. Il suo retroterra e' affascinante e spero riesca a raggiungere un obbiettivo cosi' interessante: raccontare in un libro la storia di Italiani a Silicon Valley.
Cosa verra' dopo? un documentario? Sono qui per questo, visto che fare la cineasta e' il mio mestiere. Come ho detto a Roberto, e' dalla fondazione di Sviec nel 2004 che sto tentando di promuovere la realizzazione di un documentario del genere. Cosi' spero che i nostri percorsi si incrocino nuovamente. Ho molte ore di registrazioni di presentazioni ed interviste con alcuni di questi "fondatori di Silicon Valley" che potrebbero essere ben integrati nelle dimensioni di un documenario... ora si tratta solo di trovare uno o due sostenitori che credano in questo progetto... Grazie!
Enza Sebastiani (filmmaker e consulente Apple ndr).

- Milano, un giorno di pioggia, le 13 del 24 ottobre 2007. E' stato il momento del mio primo incontro con Roberto Bonzio, che all'epoca "sognava la California". In quell'incontro ho cercato di fornirgli una prima immagine di quel che stava succedendo in questo ponte tra Italia e Silicon Valley a partire dalla mia fantastica rete creata dal primo Silicon Valeey Study Tour nell'agosto 2005... SVIEC, Baia, Partnershop for Growth, poi Mind the Bridge, 1GN, Italian Angels for Growth e La Storia nel Futuro... abbiamo fatto un gran lavoro, che non dev'essere perduto. Grazie a Roberto, per averne scritto, con la sua grande penna!
Paolo Marenco

- Ciao Roberto Mi fa piacere sapere quanto vada tutto bene per voi. Prometto di comprare il libro! Saluti a te e la tua famiglia.
Mary Browne (manager Aer Lingus Milano ndr)

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